martedì 15 novembre 2016

Recensione - Temple of Elemental Evil


Temple Of Elemental Evil


Una classica avventura di Greyhawk

(rovinata)





Oggi ho voglia di parlare di un vecchio videogioco della Troika Software (?), uno dei numerosi figli di D&D creati in seguito al successo di Baldur’s Gate. Ho voglia di parlarne soprattutto per vendicarmi.

Ritorno al Tempio del Male Elementale è un modulo di avventura nato cartaceo per Dungeons & Dragons (mi pare per la mitica Advanced 2nd Edition e poi forse rifatto per la Terza Edizione) un bel po’ di anni fa, e che prima o poi – avendoci pure investito un po’ di denaro – mi deciderò a giocare, dadi alla mano.

Nel frattempo mi sono avventurato nel villaggio di Hommlet e terre limitrofe per via digitale e, con dispiacere, mi sono abbastanza annoiato.

TOEE, come è noto ai più (vecchi, ndr) nasce dicevo sulla scia dei prodotti ben più fortunati della Black Isle – Baldur’s Gate e figli –, e prova a riprenderne struttura e dinamiche innovando qua e là.

Ma come disse una volta un grande saggio: “Esiste fare o non fare, non c’è provare”. Quelli di Troika Games ci hanno provato, senza riuscire.

Il ritmo del gioco è infinitamente più lento di quello dei suoi omologhi fatti bene, il menu radiale è più fastidioso che utile (non sapete quante volte il mouse “scivola” di un pixel fuori dalla voce che ci interessa e il menu sparisce, oppure, se non cliccate nel punto giusto finisce fuori dallo schermo, costringendovi a riaprirlo una seconda volta da un’altra parte), e innumerevoli altri piccoli dettagli rendono l’esperienza ludica un lento trascinarsi verso l’agognato – e inutile! – finale.

Porterò a titolo di esempio un paio di quelli che mi hanno infastidito di più.

Primo, e insopportabile, la gestione dei png.

I png sono dei mezzi amici sui quali si ha solo parzialmente il controllo. Si ciucciano sempre una quota del denaro recuperato in giro e sottraggono oggetti a caso dal loot dei mostri sconfitti, oggetti, beninteso, che non potrete mai più togliergli a meno di ucciderli e depredarli a vostra volta. Inoltre la loro AI è talmente bassa, unita a mio avviso a una scarsa attenzione dei programmatori, che in breve l’inventario dei vostri compagni png si riempie di cianfrusaglie inutili raccolte automaticamente, e questo vi rende impossibile passare a loro equipaggiamenti migliori!

Infine, dei png non è dato conoscere i punteggi di caratteristica. In questo modo, se avete intenzione di “buffarli” (io li odio questi neologismi tecno-inutili, ma almeno ci capiamo) non vi resta che andare a intuito, supponendo che questo o quel personaggio punti più su una data caratteristica.

Potrei dilungarmi sulle criticità come questa, ma ne aggiungerò solamente un’altra: scrigni e forzieri. Se non avete un ladro nel gruppo o un incantatore che abbia sacrificato uno slot incantesimo per impararne uno ad hoc, non aprirete mai nulla. Non esiste un modo, a quanto ne so, per forzare uno scrigno “attaccandolo” (cosa che invece si poteva tranquillamente tentare in Baldur’s).

Ma se, nonostante tutto, riuscite ad arrivare alla fine, allora sì che vi verrà voglia praticare sport invece di sprecare tempo di fronte al pc: frisbee col cd di gioco. E dato che il titolo in questione è più vecchio di molti di noi, e io sono arrabbiato con lui, spoilererò tutto senza paura alcuna.

In breve, la cattivona Zuggtmoy, the Lady of Fungi, la malvagità celata dietro alla rinascita del Tempio, origine di tutti i problemi di Hommlet nonché vostro obiettivo principale, si paleserà di fronte a voi per pochi secondi e poi se ne andrà maledicendovi.


 WTF!


Ma come?! Io sopporto decine di ore di gioco noioso, di bug e di insensatezze strutturali, e manco mi fai scontrare col boss finale?

Ora, io non so (né ho avuto voglia di andare a controllare) se esistono finali alternativi in cui ci si può più attivamente guadagnare la pagnotta, però mi ha veramente deluso.

L’unico merito che riconosco al gioco, in definitiva, è di avermi fatto ritrovare, nonostante tutto, un po’ di voglia di atmosfere D&Desche, di pg cresciuti faticosamente, di musichine d’atmosfera e godimento di qualche bel fondale, e, forse, di riprendere dalla libreria il polveroso e dimenticato manuale della “vera” avventura del Ritorno al Tempio del Male Elementale.

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