Lars Redding
La Leggenda di Kayem
"Un mercenario errabondo che non ha mai
conosciuto altro che guerre, disperazione e acredine di cose bruciate.
Una giovane donna guerriera, capo di indomiti ribelli. Un incontro
casuale in un paese dilaniato dalle faide, all’improvviso tutto cambia.
Dubbi, per la prima volta. Esiste davvero qualcosa per cui valga la pena
combattere oltre il denaro?"
Questa l'invitante premessa del racconto di Lars Redding, Amico delle Tenebre di cui ospito volentieri il lavoro.
La leggenda di Kayem è un racconto disilluso e accattivante edito da Wizard & Blackholes e lo trovate qui.
Intanto ve ne offro una fetta.
La leggenda di Kayem è un racconto disilluso e accattivante edito da Wizard & Blackholes e lo trovate qui.
Intanto ve ne offro una fetta.
***
Kayem posò il boccale di birra dopo averne tracannata metà
senza pensare. Si pentì subito di uno slancio tanto incauto. Quella brodaglia
faceva schifo, era calda, allungata, il colore e, a tratti, anche il sapore
ricordavano l’urina di cavallo, ma era offerta. Questo cambiava un po’ le cose,
benché chi fosse a offrirla gli piacesse anche meno.
Ne conosceva la fama, ma non il nome, tutti gli si
rivolgevano chiamandolo Spit, alle volte Spit il Bello, o Spit il Rubacuori, o
Spit il Galante, secondo le occasioni.
Mercenario e
gentiluomo.
Un vero signore, anche nel loro schifoso lavoro. Bello non
era davvero, eppure risultava infallibile nelle contrattazioni quasi come con
le donne. A Kayem decisamente non
piaceva.
A onor del vero, non esisteva persona che piacesse al prode
Kayem, da quando aveva intrapreso la carriera di mercenario, all’età di cinque
anni.
La locanda era una bettola infame ficcata nel retto di un
lordo paesino di frontiera, una cacata di mosca su una mappa mai tracciata. Puzzolente
di piedi, di latte rancido e frutta infracidita, frequentata a stento da
qualche vecchiaccio scorreggione e rincretinito.
Kayem era stato sul punto di andarsene, quando Spit il Bello
si era seduto al suo tavolo, senza esservi invitato. Normalmente, lo avrebbe
cacciato via a pedate, ma quello si era presentato con due boccali pieni all’orlo.
Ora lo studiava con quel suo abituale atteggiamento di sufficienza irridente,
questo a Kayem non piaceva più di ogni altra cosa.
- Non hai risposto alla mia domanda.
Gli occhi di Kayem incontrarono quelli del fastidioso
commensale. Già, la domanda.
Gli aveva a stento prestato attenzione.
- Non ho detto che l’avrei fatto. – Grugnì.
- Non stiamo lavorando, rilassati un po’.
- Chi ti dice che non sto lavorando?
Spit ridacchiò e si mise ad elencare sulla punta delle dita.
- Non sei il tipo adatto a questo paese, troppo appariscente
e rumoroso. Non sei bravo quanto me, né a combattere né a contrattare, quindi è
molto improbabile che tu abbia trovato un ingaggio ed io no. E, in generale,
non ci sono incarichi interessanti da queste parti, altrimenti lo avrei saputo
prima di te.
Kayem sentì il sangue ribollire e dovette lottare per
allontanare la mano dalla spada.
- Potete sprofondare. – Disse con disprezzo. – Tu e questo
fottuto paese.
Spit rise di nuovo e finì la birra, scuotendo la testa come
un adulto rassegnato davanti a un marmocchio senza speranza.
- Potrei farti la stessa domanda. – Rilanciò allora Kayem,
trattenendo a stento la rabbia. – Che ci fai tu in questa cloaca schifosa.
- L’ho fatta per primo e ho offerto… la risciacquatura dei
piatti.
- Sono di passaggio.
Kayem si stancava presto del gioco, di qualsiasi gioco.
- Bravo. – Spit si alzò. – Perché voglio darti un consiglio,
se non amico, da collega.
- Sarebbe?
- Finisci la tua birra e vattene il più lontano possibile,
questo posto non fa per te. – Gli diede le spalle. – Per nessuno di noi.
Kayem lo osservò rivolgere un cenno ai compagni, che
abbandonarono i boccali mezzi pieni, la birra non era piaciuta neanche a loro. Li
seguì finché non svanirono fra la gente per strada.
Questo non è posto per
te.
Niente di più vero.