Robert
Jordan
La Corona di Spade
La
Ruota del Tempo – Libro settimo
Non
so se avrò voglia di scrivere qualcosa per ogni libro della serie –
e infatti comincio dal settimo, nonostante già dal prequel, Nuova
Primavera, mi sia innamorato della Ruota del Tempo – per
diversi motivi.
Innanzitutto
otto-novecento pagine di narrazione a volume sono difficilmente
conciliabili con i miei due bit di memoria, per cui, per quanto io me
le goda durante la lettura, spesso mi accorgo di lasciarmi
trasportare piuttosto passivamente tra una descrizione e l'altra, tra
uno sguardo d'intesa e un aggiustarsi la gonna, tra un Mat e
un Rand, un Reietto e una Nynaeve. I libri di
Jordan sono talmente dettagliati che è difficile tirare le somme
dopo aver chiuso l'ennesimo capitolo.
Quando
ho scoperto la saga, in biblioteca, reparto Fantasy
(fortunatamente epurato da
qualsiasi oggetto che richiamasse anche solo lontanamente l'urban o
il paranormal romance) e ho letto la quarta del libro uno, mi sono
detto: “Mmmh, sembra interessante”. Ho adocchiato Nuova Primavera
all'estrema sinistra della sfilza di tomoni e ho pensato: “Ok,
proviamo con questo che è sottile. Speriamo sia orrendo, se no sono
spacciato”.
E sono
spacciato. Ogni libro è una magnifica avventura, ma
inevitabilmente verso pagina cinque-seicento comincio a buttare
l'occhio allo spessore rimasto da leggere.
Perché
Jordan sarà sempre nell'olimpo degli Autori Fantasy per il
sottoscritto, avvolto da luce dorata e cori di angeli, e tuttavia una
sfrondatina di un paio di centinaia di pagine a volume la poteva
dare.
Anche La
Corona di Spade è così. Spesso ho la sensazione che Jordan
scrivesse a fiumi solo perché gli piaceva. Doveva aver una tale
inventiva che io me lo vedo con le dita che volano sulla tastiera
mentre gongola agitando la testa di qua e di là come Steve Wonder.
Bello lui.
Il libro è
piacevole, godibile, coinvolgente, e il suo stile è fluido come
sempre, ma dopo venti pagine di: lui guarda l'altro, l'altro si mette
un dito nel naso, la tizia si liscia il vestito, quell'altra si
sistema la gonna, un servitore versa il tè, un altro lo osserva...
oh, anche basta.
Non me ne
voglia nessuno – oppure voletemene, chissene – però credo che La
Corona di Spade sarebbe stato ancora più straordinario con due
dita di spessore in meno, e l'intero ciclo un po' meno “trascinato”
(scusa Robert, per questa orrenda parola). Sammael, ad
esempio, perché Rand non se l'è andato a prendere mille pagine fa?
E sta benedetta Coppa dei venti,
ci vogliamo arrivare o no?
Oh cacchio,
ripensandoci mi sa che per com'è il finale l'intero libro poteva...
No ok, ci sono le storie degli altri personaggi, quelle non sono
risolte. Però...
Va bene, va
bene, basta, mi calmo.
Detto
questo, RIDATEMI MORAINE!!!
E morte a
chiunque pensi di spoilerare qualcosa succeda dall'ottavo libro in
poi.