martedì 15 novembre 2016

Racconti Premiati - La Maledizione della Prima Ifa

Simone Zambruno

La Maledizione della Prima Ifa

Terzo Classificato Premio Barricata Rossa 2012
Secondo Classificato Storie Fantastiche 2015



In un tempo che gli uomini hanno ormai dimenticato, una terribile battaglia si svolse qui, tra queste rocce butterate dal tempo e dagli acidi, agli ancestrali limiti del mio sconfinato impero.
Una battaglia magica, uno scontro epico tra i più possenti incantatori del mondo conosciuto, uno scempio terminato senza vincitori, né vinti.
Nessuno seppe mai chi provocò quella guerra, perché nessuno sopravvisse per raccontare. Quel giorno solo la Morte lasciò il campo di battaglia da vincitrice, con infiniti trofei al proprio seguito, corvi come araldi e avvoltoi portabandiera.
Su questo campo brullo la pioggia di magia sparse ovunque i grani della sua mortifera semina, e presto ne germogliarono infiniti i corpi devastati degli avversari.
Ogni anima colpita da quelle tremende emanazioni trovò la morte, o venne dannata per il poco tempo che quel tragico scontro le avrebbe ancora, sadicamente concesso.
Eppure...
Eppure per me – me soltanto, tra tutti coloro che calpestarono questi sassi maledetti – quello fu il giorno del Risveglio.
Sapevo di essere nato per espandere il mio dominio come mai nessuno prima, un pollice alla volta, in una lenta e inarrestabile avanzata verso terre che nessun essere vivente aveva ancora colonizzato. In un certo senso, tornai da vincitore.
In quel giorno lontano ho varcato il confine tra due mondi.
Colpito da un'incantata favilla, su quella squallida frontiera senza vita la mia coscienza eruppe, e giunsi alla consapevolezza così a lungo negata ai simbiotici membri della mia razza, per millenni calpestati dagli altri indegni simulacri della vita intelligente, gli umani.
Per ironia della sorte, fu proprio la forza distruttiva dei loro incantamenti, la casuale scintilla che fece avvampare in me la fiamma della ragione, permettendomi di penetrare i più oscuri misteri del mondo.
D'improvviso, seppi.
Tutto.
Il prezzo per la mia nuova, sconfinata Scienza, è stato pagato col più alto tributo di sangue che si ricordi, ma si è trattato in fondo di un giusto prezzo.
Perché ora io conosco.
Nessun segreto sarà più tale per la mia mente superiore: il senso della Vita e della Morte, tutti gli eventi passati e futuri, li vedo scorrere chiari di fronte a me come limpida acqua sorgiva; conosco il nome di tutte le cose, e so di cose che ancora un nome non hanno.
Il mio tempo è giunto.
Per l'eternità mi ergerò onnisciente al di sopra di ogni creatura, e tutti mi venereranno come loro Signore.
Dal mio rifugio tra queste pietre grigie sarò il lume della ragione che splende su di un mondo fosco precipitato nella tenebra della barbarie.
Sarò re.
Sarò Dio.
Il mio sarà un dominio di fermezza e inflessibilità, consapevolezza e ferrea determinazione.
Dominerò roccia, acqua e sale, e il sole stesso brillerà della mia luce riflessa.
Nessuno oserà mai porre in discussione la mia assoluta, incommensurabile superiorità, e io, in cambio, gratificherò il mondo della mia sconfinata saggezza.
Sarò guida e padre, comandante e maestro; sarò l'archetipica immagine della perfezione, e innumerevoli generazioni agogneranno somigliarmi.
Ineguagliabile e inavvicinabile.
Immutato e immutabile, perché perfetto.
Dalla distruzione sorto per condurre le razze verso un futuro che ne dimentichi il bieco significante e ne rinneghi il significato, in un certo senso, mio unico e tremendo genitore.
Creato non generato.
Provengo dalla magia, essenza e fondamento stesso del mondo, e la magia ora domino con un semplice, fugace pensiero.
Mai più i tempi vedranno il sorgere di un'altra alba guerriera, perché in me sta la forza dell'equilibrio e dell'eterna stasi.
Sono l'imperituro garante della pace.
Sono il padre di tutti gli incantatori futuri e il figlio della mia immota perfezione.
Con parsimonia estrema elargirò il Dono, affinché nessuno mai ne immagini il vero potere.
Solo io, per l'eternità, sarò davvero magia.
L'eternità...
L'eternità mi attende, ignorante dei segreti che le nascondo, bramosa di mostrarli a futuri emuli che mai esisteranno.
Il mio nome è Qc'hwtz-gh, e nessuna voce sarà mai in grado di pronuncia...
***
Fu proprio in quel momento, quando il disco purpureo del sole morente spandeva sul mondo il suo vermiglio saluto, e molti già stavano in casa riuniti per la cena, che l'umanità vide svanire la propria unica speranza di partecipazione a un incredibile futuro per colpa di Bessy, una vecchia frisona di quasi mille libbre.
A Bessy importava davvero poco dei tempi a venire, della magia e dell'altrui immortalità, ma aveva sempre trovato interessanti i licheni di un certo tipo, con il loro tallo corposo e croccante e le ife filamentose e morbide, il retrogusto torbato, e quella vaga nota finale di onniscienza.
Così raschiò avidamente il grande Qc'hwtz-gh dalla roccia su cui era da eoni abbarbicato, e lo ruminò con gusto.
Poi lo rigurgitò e lo ruminò ancora.
E lo rigurgitò di nuovo prima della digestione finale.
Placidamente adagiata sul prato, Bessy non fece mai caso alle lontane, impercettibili invettive lanciatele dalla sua cena a ogni rigurgito.
Per altro, anche volendo, non avrebbe saputo come rivolgerlesi, non potendone pronunciare correttamente il nome, vittima anch'ella, dell'ancestrale maledizione.

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