by Simone Zambruno
Olaf era insofferente,
stanco di vivere con la sua famiglia. La sua giornata era un continuo
“fai questo” e “fai quello” per aiutare nelle faccende della
fattoria. Al compimento del suo diciannovesimo compleanno si sedette
a cena e annunciò che se ne sarebbe andato per cercare la sua
strada.
«Cosa farai?» chiese la
madre, addolorata «non hai denaro, né un asino».
«Ho i miei piedi. Non
c'è niente qui, per me» rispose Olaf, ignorando il pianto dei
fratelli.
«Ascoltami» gli disse
il padre, amareggiato «non troverai fortuna lontano da casa. Il
mondo si approfitterà di te». Ma Olaf se ne andò.
Si diceva che
sulla montagna si nascondesse un villaggio colmo di ricchezze e di
benessere. Così Olaf viaggiò a lungo, vivendo di stenti,
sopportando il freddo e i rimorsi. Alla fine, stremato, giunse in
cima alla montagna. Si trascinò con le ultime forze fino alla vetta, ma vi trovò soltanto un'incisione sulla roccia
nuda:
“L'abete appassisce in un campo aperto: né corteccia, né
fogliame lo riparano”.