sabato 16 dicembre 2017

Hàvamàl


by Simone Zambruno


Olaf era insofferente, stanco di vivere con la sua famiglia. La sua giornata era un continuo “fai questo” e “fai quello” per aiutare nelle faccende della fattoria. Al compimento del suo diciannovesimo compleanno si sedette a cena e annunciò che se ne sarebbe andato per cercare la sua strada.
«Cosa farai?» chiese la madre, addolorata «non hai denaro, né un asino».
«Ho i miei piedi. Non c'è niente qui, per me» rispose Olaf, ignorando il pianto dei fratelli.
«Ascoltami» gli disse il padre, amareggiato «non troverai fortuna lontano da casa. Il mondo si approfitterà di te». Ma Olaf se ne andò.
Si diceva che sulla montagna si nascondesse un villaggio colmo di ricchezze e di benessere. Così Olaf viaggiò a lungo, vivendo di stenti, sopportando il freddo e i rimorsi. Alla fine, stremato, giunse in cima alla montagna. Si trascinò con le ultime forze fino alla vetta, ma vi trovò soltanto un'incisione sulla roccia nuda:
“L'abete appassisce in un campo aperto: né corteccia, né fogliame lo riparano”.


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