Andrzej Sapkowski
Il Guardiano degli Innocenti
La saga dello Strigo di Rivia era in lista di lettura da tempo.
Era bastata la sinossi nella seconda di copertina e un'occhiatina rapida al testo per farmi intuire che le avventure di Geralt sarebbero state assolutamente da leggere.
Così, approfittando di un compleanno pieno di libri in regalo (sì sì, lo vedo quanto ve ne frega...) ci ho infilato dentro Il Guardiano degli Innocenti per assaggiare la serie.
E ne sono stato subito conquistato.
La scrittura di Andrzej Sapkowski è asciutta, essenziale, ridotta all'osso. Non lascia nulla sulla pagina che non sia assolutamente necessario, ed è ciò che ogni bravo scrittore consiglia quando gli si chiede come scrivere bene.
La lettura diventa così iper-fluida, e persino un lettore-bradipo come il sottoscritto è stato in grado di finire il libro in quattro giorni.
E questa è soltanto la prima delle note positive a saltare all'occhio.
Un'altra riguarda il dipanarsi dell'intreccio, col quale Sapkowski (ma prima o poi lo scopro come cacchio si pronuncia) riesce perfettamente a tenerci incollati alla narrazione riga dopo riga, facendoci percepire i climax con ansia sottile e crescente, trattenendo le rivelazioni con scorci discreti e timidi ammiccamenti, velate allusioni, fino al crescendo finale di ogni racconto.
Ah, sì, perché Il Guardiano degli Innocenti non è un romanzo, ma una raccolta di racconti intervallati da pause in cui il buon Geralt, l'ammazzamostri, si riposa, medita e... riposa ancora (dopo) nel tempio di una sacerdotessa che è un po' zia e un po' confidente.
Ognuno dei racconti sembra inizialmente scimmiottare le più famose fiabe classiche (Biancaneve, la Bella e la Bestia, la Bella Addormentata), collocando lo Strigo in una specie di ambientazione dark-Shrek o shadow-Grimm, che però presto si allontana dallo scherzo citazionale e si ammanta di una dignità che solo un autore dotato come Sapz Sazd questo è in grado di creare, senza che il tutto sappia di scopiazzatura o di già visto.
Il mondo di Geralt è infatti vivo, solido, autonomo e in grado di mantenersi equilibrato anche su terreni impervi e rischiosi grazie a zampe giovani eppure già robustissime.
A tratti, forse, ricorda un po' troppo Martin, ma per fortuna (oh, de gustibus...) la caratterizzazione dell'ambientazione è del tutto originale e decisamente più vicina alla fantasy di Tolkien che a quella iper-realista del buon G.R.R.
La saga dello Strigo si colloca, no, si crea una sua propria Terra di Mezzo (ah ah) che merita tutto il successo che le è stato tributato, e io non vedo l'ora di conoscere il resto della storia.
Bravo Saz Srad Coso, lì S-a-p-k-o-w-s-k-i,
alla prossima!