mercoledì 24 maggio 2017

Recensione - Alien:Covenant

ALIEN:COVENANT

[seconda recensione]
di TheGardener87


Dopo alcuni anni dal deludente Prometheus Ridley Scott stuzzica il nostro bisogno di Alien con questo sequel. Cercherò quindi di mettere in luce [a suon di spoiler, quindi occhio, NdR] la profondità di questa ennesima delusione.
Il film si apre con una scena in cui Michael Fassbender (David) è protagonista, come del resto in tutta la pellicola, seguita dalla veduta di una nave coloniale, la Covenant, lanciata nelle profondità dello spazio col suo carico dormiente di coloni ed embrioni, dove troviamo ancora una volta Michael Fassbender (Walter) a interpretare un altro sintetico che vigila durante la lunga parentesi del criosonno verso Origae 6.
Ora, capisco che il buon Fassbender (Alfonso) sia molto bravo e abbia un viso caratteristico, ma tutta la trama si sviluppa intorno alle parole e ai gesti dei due androidi da lui interpretati, lasciando agli altri attori poco più di due battute: gran parte dei personaggi infatti non arriva nemmeno ad avere un nome proprio, e men che meno una personalità e motivazioni.
Ci si aspettava un altro volto noto per questo Alien:Covenant, l’istrionico James Franco, che però esce di scena in meno di 15 minuti netti senza dire una parola: posso capire che sia un nome che attira, ma inserirlo nel cast per una parte che è poco più di un cammeo mi sembra una presa in giro nei confronti del pubblico pagante.

I film di fantascienza, anche i migliori, hanno spesso qualche lacuna dal punto di vista fisico/scientifico, ma se queste lacune non vanno a incidere sulla credibilità della storia (tenendo presente che si tratta di “fanta” scienza, non di un documentario che cerca il placet del Clan Angela) in nessun modo pregiudicano la godibilità del prodotto. Anche il primo Alien del ’79 aveva le sue pecche, ma si trattava di dettagli che solo qualcuno davvero puntiglioso avrebbe additato come difetto.

In Alien:Covenant queste lacune non sono né piccole né trascurabili, e spogliano tutta la pellicola di quell'aspetto scientifico che ci si aspettava, trasformando un franchise emblematico in una banale sequenza di cliché da film horror per la tv.

Tornando alla vicenda, ci si aspetterebbe che nello spazio, per un compito di così grande responsabilità, umana ed economica, ci sia il meglio del meglio (del meglio): personale addestrato fino all'apice del condizionamento fisico e mentale, in grado di reagire con lucidità e professionalità ai pericolosi imprevisti che posso accadere nello spazio, ancor più su un misterioso pianeta alieno con una biosfera completamente sconosciuta. Invece, se dicessi che quando vado a camminare la domenica in collina sono più avveduto io, forse non renderei ancora bene l’idea.

Alien:Covenant ci propone un equipaggio male organizzato, male addestrato, incapace di valutare ogni rischio e completamente asservito a scelte scriteriate dettate da un unico imperativo: “MACCISONO I NOSTRI AMICI LASSOTTO!”; un gruppo male assortito che devia dalla rotta prevista unicamente sulla base di un’urgenza inesistente, e per di più nel corso di una missione già a rischio di fallimento. Gruppo che continua ovviamente a dividersi appena se ne presenta l’occasione [perché cambiare, che poi se no il pubblico mi si confonde, NdR], e mai, per nessun motivo, a riflettere un secondo su quello che sta per fare.

Nel primo storico Predator, quando Mac grida “Contatto!” tutti, da bravi professionisti, si dividono in una solida linea di fuoco e saturano la radura con quintali di piombo senza rischiare in alcun modo di ferirsi a vicenda (se nella vostra mente non state riassaporando la scena avete ben altro da vedere che questo Covenant di cui scriviamo).
Questi qui al primo pericolo sparano in mezzo a bombole di propano e fanno fuoco sulla creatura che è in mezzo a loro mentre formano un cerchio perfetto.



Sparate! Sparate su tutto!


Datemi retta: non servivano gli alieni per far morire sti tizi, bastava aspettare che facessero tutto da soli.
Perciò il primo tempo è un’assoluta tragedia (o una tragicommedia), mentre nel secondo, complici i piacevoli fondali e le scenografie ben fatte (anche se non eccelse), l’asticella si risolleva leggermente, pur senza volare alto.

Trovo necessario precisare che l’influenza di Giger nelle sceneggiature e nel design degli ambienti è un fievole ricordo, il pianeta infatti non ha nulla a che spartire con l’ostile LV-426, la roccia primordiale dal freddo intenso descritta da Ash, e nemmeno con gli interni dei livelli inferiori della Nostromo, oscuri e pieni di strane strutture il cui scopo rimane misterioso, ma assomiglia di più a una fertile vallata alpina.


   
1) Alien - 2) Molto Alien - 3) Belle e Sebastien

Quello che davvero manca in questo Alien è la tensione: neomorfi e xenomorfi infatti sembrano quasi un riempitivo e tutte le soluzioni adottate per risolvere trama e conflitti sono talmente trite e abusate da essere del tutto prive di pathos.
Non bastano i monologhi a due voci [o i dialoghi a una faccia, NdR] del solo Fassbender (Cesira) a rendere questo film interessante, e, pur essendo lo scontro finale ben fatto e ammiccante ai vari capitoli (ben più memorabili) della saga, il colpo di scena conclusivo (se così vogliamo chiamarlo) è di una banalità disarmante se si è minimamente amanti del genere.

Tirando le somme, il secondo capitolo di questa nuova saga manca di coerenza e coesione e arriva molto lontano dal bersaglio, non affermandosi né come film di fantascienza né come horror, in entrambi i casi a causa della contaminazione da elementi action che impediscono alle scene di caricarsi di quella drammaticità di cui un thriller non può fare a meno.
Insomma, riguardate i classici, ne trarrete maggior soddisfazione.

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