Ridley Scott
Alien:Covenant
Alien: Covenant è il
secondo film della tetralogia di prequel (mioddio) che anticipa la
saga classica dei celebri xenomorfi. In questo capitolo scopriamo
qualcosa di più sulla genesi dei mostri più famosi della storia del
cinema (e sui loro cugini, i lattiginosi neomorfi).
La prima cosa che veniamo a sapere è che Ridley Scott è
stata la prima vittima del mutagene inventato dagli Ingegneri: ne è
rimasto contaminato durante la lavorazione di Prometheus, ed è
esploso in faccia alla troupe prima di riuscire a mettere mano allo
screenplay di Covenant.
Dispiace, era uno bravo.
Ma veniamo alla vicenda.
Alien: Covenant orbita attorno a un enorme buco nero, nel buon senso e nell'originalità, e per
quasi tutto il primo tempo non si vede altro.
Trama: una spedizione di
coloni in rotta verso un pianeta lontano finisce su un mondo
sconosciuto e viene a trovarsi alle prese con gli xenomorfi. Dai,
davvero? E questo Alien: Covenant quando è stato scritto? Nel 1979?
Nell'82? No, tipo quarantanni dopo, riciclando selvaggiamente la stessa idea.
Va beh, tutto sommato
questo uno lo poteva sapere anche prima di entrare in sala, quindi
visto che siamo voluti a tutti costi andare al cinema, proseguiamo.
[Allerta Spoiler – e, credetemi, vi faccio un piacere]
L'equipaggio della
Covenant è formato da un gruppo di coppie che, come ci verrà confermato nel
resto della pellicola, è stato in realtà espulso dalla Terra per liberare il
pianeta dai peggiori idioti che lo abbiano mai calpestato.
Siccome non c'ho voglia
di ripercorre tutto il film scemenza dopo scemenza, mi limiterò a
una disamina dei non-sense più clamorosi.
Siamo nel 2104, l'umanità
viaggia alla scoperta di altri mondi, e le navi non hanno un sistema
antincendio automatizzato. Il tutto è affidato alle mani di un
androide che in caso di pericolo passeggia tranquillamente impiegando
una buona mezzora ad arrivare dal punto in cui si trova alla cabina
di comando in fiamme.
E così tra le fiamme
muore James Franco senza aver neanche messo la faccia nel film.
Film che è iniziato da
dieci minuti e ha già perso le uniche due personalità che
sarebbero state in grado di ricavarne qualcosa, Scott e Franco, così che al
pubblico non rimane che il gruppo di disadattati sociali in rotta verso l'incolpevole pianeta Origae 6.
La nave danneggiata
intercetta una comunicazione e durante una riunione si decide che il
luogo da cui proviene vale bene una visitina, perché oh, è vero
che abbiamo la responsabilità di duemila coloni e millecinquecento
embrioni, però che due maroni la criostasi, andiamo a vedere.
Così Forrest Gump,
Simple Jack, Rainman e Sam sbarcano.
L'equipaggio della Covenant
Com'è bello camminare in
una valle verde, recitava un vecchio slogan, soprattutto su un
pianeta alieno di cui non si sa nulla, a cominciare da quante ore di
luce sarebbero rimaste. Chissenefrega. Dov'è la fonte del segnale?
Otto chilometri di foresta montana più in là? Fatto, andiamo.
Ehi oh, Ehi oh, Fantozzi,
Filini e la Signorina Silvani si incamminano.
Dopo un po' la Signorina
Silvani decide che una pozza di fanghiglia putrescente è un posto
buono per fare analisi biologiche e lascia il gruppo con il benestare
del comandante (acuto e assennato come Peter Griffin), che le affida come protezione il maestro di buon
senso di Donald Trump, il quale, con un originalissimo coupe de
theatre (“vado in bagno”), si allontana e calpesta delle sacche
di spore che lo condannano.
Poi, già che c'è, essendo parte di un
selezionatissimo equipaggio di colonizzatori, butta una sigaretta
accesa nel bel mezzo di una foresta. Per sua fortuna gli
sceneggiatori erano quelli del Pianeta delle Scimmie (intendo proprio
le Scimmie) e la foresta si salva.
Il resto del gruppo
arriva all'astronave fonte del segnale radio e il gemello
d'intelligenza di quello di prima (perché è chiaro che condividessero un unico cervello, peraltro AB-norme) si china su una sacca di spore al
grido di “Oh che bella, cos'è questa cosa sconosciuta,
cacciamoci le dita dentro”. Chissà quale sarà la conseguenza di
queste azioni...
Due neonomorfi
lattiginosi (in realtà belli dal punto di vista visuale, unica cosa
gradevole, la grafica, del film) saltano fuori dai rispettivi ospiti
e fanno – giustamente – un macello.
Perché giustamente?
Primo perché il più beota gruppo di deficienti che Hollywood abbia
mai messo sullo schermo se lo merita.
Secondo, ecco un altro esempio.
L'inutile capitano della
spedizione, in uno sprazzo di saggezza, comunica a una sottoposta di
osservare scrupolosamente i
protocolli di sicurezza: portelli chiusi e che nessuno entri nella
nave da sbarco mentre loro sono via. Meno male, penso io. Una cosa
sensata.
Solo
che Clarabella non ci pensa due volte a riprendere a bordo la biologa
della pozza e il suo compare contaminato da uno sconosciuto agente
biologico.
Poi
anche lei ha un momento di lucidità e li chiude dentro l'infermeria.
Brava! Dico io. Sacrifichi due compagni per la sicurezza della
spedizione, crudele ma sensato.
Devo
averlo pensato troppo forte, perché la tipa mi guarda e pensa bene
di riaprire la porta non appena il mostro di turno si è palesato
massacrando i suoi due inermi compagni.
Poi
si mette a sparare all'impazzata sulle bombole del gas.
Per
lo meno ha avuto il buon gusto di morire arsa viva nel rogo della
nave da sbarco.
WOW!
E siamo solo alla mezzora! Dove ci porterà questa fiera
dell'idiozia?
Lontano
amici, molto lontano (dalla decenza).
Insomma, i nostri eroi si ritrovano isolati, anche se in orbita il facente
funzioni di Capitano (Findus) non sta più nella pelle ora che anche lui ha la
possibilità di mandare in vacca la missione tuffandosi dritto dritto
nella tempesta nonostante il computer di bordo continui a dirgli “no”
“no” “no” “no”.
E alla fine lo fa, perché dai, vuoi
proprio lasciarli lì quei quattro imbecilli?
Intanto a terra si
svelano terribili retroscena e comincia lo spara spara, che in quanto
tale fila via un po' più liscio. Un po'.
Una delle ultime perle
infatti ci viene offerta da una concitata scena di battaglia tra lo
xenomorfo e l'equipaggio dei superstiti che tenta di riprendere il
cielo con un'altra navetta.
L'alieno è
pervicacemente attaccato allo scafo, ma grazie a sensori e telecamere
il valente Findus se ne accorge. “Abbiamo compagnia!” avverte.
Allora il primo
ufficiale, la "protagonista" (che la povera Ripley sta creando uragani a forza di
rigirarsi nella tomba...) prende le redini: “Fammi uscire!” grida.
Fammi uscire?!
La nave è diretta alla
stratosfera e ti preoccupi di una zecca attaccata allo scafo? Fammi
uscire?
E poi la lotta finale
sulla Covenant e il colpo di scena che era stato didascalicamente
anticipato da una buona venticinquina di minuti (metti che tra il pubblico ci fosse qualcuno sotto i cinque anni...) dalla lotta dei due
androidi, quello buono ma scemo della Covenant e quello malvagio della
Prometheus, unico sopravvissuto dell'altra spedizione.
Ah, sì! Cavolo, non
posso mica chiudere senza una citazione dell'androide pazzo!
Vi basterà sapere che i
Sintetici della Weyland sono soggetti a noia, problemi di alcolismo e
crescita incontrollata dei capelli.
Ah, quante emozioni in
queste due ore.
Prometheus, Covenant: non
vedo l'ora che arrivino Idiocracy 2 e 3 a completare la tetralogia.