venerdì 26 maggio 2017

Recensione - Alien:Covenant

Ridley Scott

Alien:Covenant




Alien: Covenant è il secondo film della tetralogia di prequel (mioddio) che anticipa la saga classica dei celebri xenomorfi. In questo capitolo scopriamo qualcosa di più sulla genesi dei mostri più famosi della storia del cinema (e sui loro cugini, i lattiginosi neomorfi).
La prima cosa che veniamo a sapere è che Ridley Scott è stata la prima vittima del mutagene inventato dagli Ingegneri: ne è rimasto contaminato durante la lavorazione di Prometheus, ed è esploso in faccia alla troupe prima di riuscire a mettere mano allo screenplay di Covenant.
Dispiace, era uno bravo.

Ma veniamo alla vicenda.
Alien: Covenant orbita attorno a un enorme buco nero, nel buon senso e nell'originalità, e per quasi tutto il primo tempo non si vede altro.
Trama: una spedizione di coloni in rotta verso un pianeta lontano finisce su un mondo sconosciuto e viene a trovarsi alle prese con gli xenomorfi. Dai, davvero? E questo Alien: Covenant quando è stato scritto? Nel 1979? Nell'82? No, tipo quarantanni dopo, riciclando selvaggiamente la stessa idea.
Va beh, tutto sommato questo uno lo poteva sapere anche prima di entrare in sala, quindi visto che siamo voluti a tutti costi andare al cinema, proseguiamo.

[Allerta Spoiler – e, credetemi, vi faccio un piacere]
L'equipaggio della Covenant è formato da un gruppo di coppie che, come ci verrà confermato nel resto della pellicola, è stato in realtà espulso dalla Terra per liberare il pianeta dai peggiori idioti che lo abbiano mai calpestato.
Siccome non c'ho voglia di ripercorre tutto il film scemenza dopo scemenza, mi limiterò a una disamina dei non-sense più clamorosi.
Siamo nel 2104, l'umanità viaggia alla scoperta di altri mondi, e le navi non hanno un sistema antincendio automatizzato. Il tutto è affidato alle mani di un androide che in caso di pericolo passeggia tranquillamente impiegando una buona mezzora ad arrivare dal punto in cui si trova alla cabina di comando in fiamme.
E così tra le fiamme muore James Franco senza aver neanche messo la faccia nel film.

Film che è iniziato da dieci minuti e ha già perso le uniche due personalità che sarebbero state in grado di ricavarne qualcosa, Scott e Franco, così che al pubblico non rimane che il gruppo di disadattati sociali in rotta verso l'incolpevole pianeta Origae 6.
La nave danneggiata intercetta una comunicazione e durante una riunione si decide che il luogo da cui proviene vale bene una visitina, perché oh, è vero che abbiamo la responsabilità di duemila coloni e millecinquecento embrioni, però che due maroni la criostasi, andiamo a vedere.
Così Forrest Gump, Simple Jack, Rainman e Sam sbarcano.



L'equipaggio della Covenant


Com'è bello camminare in una valle verde, recitava un vecchio slogan, soprattutto su un pianeta alieno di cui non si sa nulla, a cominciare da quante ore di luce sarebbero rimaste. Chissenefrega. Dov'è la fonte del segnale? Otto chilometri di foresta montana più in là? Fatto, andiamo.
Ehi oh, Ehi oh, Fantozzi, Filini e la Signorina Silvani si incamminano.
Dopo un po' la Signorina Silvani decide che una pozza di fanghiglia putrescente è un posto buono per fare analisi biologiche e lascia il gruppo con il benestare del comandante (acuto e assennato come Peter Griffin), che le affida come protezione il maestro di buon senso di Donald Trump, il quale, con un originalissimo coupe de theatre (“vado in bagno”), si allontana e calpesta delle sacche di spore che lo condannano.
Poi, già che c'è, essendo parte di un selezionatissimo equipaggio di colonizzatori, butta una sigaretta accesa nel bel mezzo di una foresta. Per sua fortuna gli sceneggiatori erano quelli del Pianeta delle Scimmie (intendo proprio le Scimmie) e la foresta si salva.

Il resto del gruppo arriva all'astronave fonte del segnale radio e il gemello d'intelligenza di quello di prima (perché è chiaro che condividessero un unico cervello, peraltro AB-norme) si china su una sacca di spore al grido di “Oh che bella, cos'è questa cosa sconosciuta, cacciamoci le dita dentro”. Chissà quale sarà la conseguenza di queste azioni...

Due neonomorfi lattiginosi (in realtà belli dal punto di vista visuale, unica cosa gradevole, la grafica, del film) saltano fuori dai rispettivi ospiti e fanno – giustamente – un macello.
Perché giustamente? Primo perché il più beota gruppo di deficienti che Hollywood abbia mai messo sullo schermo se lo merita.
Secondo, ecco un altro esempio.

L'inutile capitano della spedizione, in uno sprazzo di saggezza, comunica a una sottoposta di osservare scrupolosamente i protocolli di sicurezza: portelli chiusi e che nessuno entri nella nave da sbarco mentre loro sono via. Meno male, penso io. Una cosa sensata.
Solo che Clarabella non ci pensa due volte a riprendere a bordo la biologa della pozza e il suo compare contaminato da uno sconosciuto agente biologico.
Poi anche lei ha un momento di lucidità e li chiude dentro l'infermeria. Brava! Dico io. Sacrifichi due compagni per la sicurezza della spedizione, crudele ma sensato.
Devo averlo pensato troppo forte, perché la tipa mi guarda e pensa bene di riaprire la porta non appena il mostro di turno si è palesato massacrando i suoi due inermi compagni.
Poi si mette a sparare all'impazzata sulle bombole del gas.
Per lo meno ha avuto il buon gusto di morire arsa viva nel rogo della nave da sbarco.

WOW! E siamo solo alla mezzora! Dove ci porterà questa fiera dell'idiozia?
Lontano amici, molto lontano (dalla decenza).
Insomma, i nostri eroi si ritrovano isolati, anche se in orbita il facente funzioni di Capitano (Findus) non sta più nella pelle ora che anche lui ha la possibilità di mandare in vacca la missione tuffandosi dritto dritto nella tempesta nonostante il computer di bordo continui a dirgli “no” “no” “no” “no”.
E alla fine lo fa, perché dai, vuoi proprio lasciarli lì quei quattro imbecilli?

Intanto a terra si svelano terribili retroscena e comincia lo spara spara, che in quanto tale fila via un po' più liscio. Un po'.
Una delle ultime perle infatti ci viene offerta da una concitata scena di battaglia tra lo xenomorfo e l'equipaggio dei superstiti che tenta di riprendere il cielo con un'altra navetta.
L'alieno è pervicacemente attaccato allo scafo, ma grazie a sensori e telecamere il valente Findus se ne accorge. “Abbiamo compagnia!” avverte.
Allora il primo ufficiale, la "protagonista" (che la povera Ripley sta creando uragani a forza di rigirarsi nella tomba...) prende le redini: “Fammi uscire!” grida.
Fammi uscire?!
La nave è diretta alla stratosfera e ti preoccupi di una zecca attaccata allo scafo? Fammi uscire?

E poi la lotta finale sulla Covenant e il colpo di scena che era stato didascalicamente anticipato da una buona venticinquina di minuti (metti che tra il pubblico ci fosse qualcuno sotto i cinque anni...) dalla lotta dei due androidi, quello buono ma scemo della Covenant e quello malvagio della Prometheus, unico sopravvissuto dell'altra spedizione.
Ah, sì! Cavolo, non posso mica chiudere senza una citazione dell'androide pazzo!
Vi basterà sapere che i Sintetici della Weyland sono soggetti a noia, problemi di alcolismo e crescita incontrollata dei capelli.

Ah, quante emozioni in queste due ore.

Prometheus, Covenant: non vedo l'ora che arrivino Idiocracy 2 e 3 a completare la tetralogia.

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