Douglas Adams
Ristorante al Termine dell'Universo
Un gran peccato.
No, per carità, non sarò io a parlar male di Douglas Adams, che era un grandissimo, e non sarò io a parlar male della "trilogia in cinque parti" della Guida Galattica per Autostoppisti, pietra miliare della fantascienza moderna di cui Ristorante al Termine dell'Universo costituisce il secondo capitolo.
Però posso parlar male della persona che ha scritto le ultime cinquanta pagine di questo romanzo.
Eh sì perché tra pagina 198 e pagina 245 si deve essere verificato uno scambio di persona, un rapimento alieno, oppure una traslazione trans-dimensionale verso una realtà alternativa, oppure il supercomputer di Matrix ha subito un arresto anomalo durante un aggiornamento.
Nessuno potrà mai convincermi che quegli ultimi tre capitoli siano stati scritti dalla stessa mente che ha immaginato tutto quello che c'è prima; invenzioni geniali, giochi linguistici, citazioni dotte, sceneggiatura e regia degne di un bel film d'azione, ritmi serrati, dialoghi intelligenti, pagine meravigliosamente divertenti (come quella in cui un bovino si presenta al tavolo dei clienti del Ristorante per far scegliere loro il taglio migliore del suo stesso corpo e poi, dopo lunga opera di convincimento, va in cucina a spararsi felice e contento), tutto, nell'ultima parte, svanisce "come lacrime nella pioggia".
E non cito Blade Runner perché fa figo (invece sì, un po' anche perché fa figo).
Dall'incontro dei protagonisti col Governatore dell'Universo, infatti, il libro assume un'inspiegabile e narrativamente ingiustificata piega melanconica. Tutto diventa improvvisamente triste, serio e lento, con lunghe digressioni, pellegrinaggi senza meta dei protagonisti che la maggior degli editor avrebbero suggerito di tagliare, e, infine, una conclusione insipida e agrodolce.
Dispiace davvero, perché il resto del libro è assolutamente Douglas Adams, si legge alla velocità della luce ed è del tutto a livello della Guida Galattica.
Ora mi rimangono gli ultimi tre della serie. Spero si sia trattato solo di un momento di impasse del caro e compianto DA, e che la serie torni sui toni che le sono propri.
Ma finché non li avrò letti rimarrò inevitabilmente col (Salmone del) Dubbio.