martedì 20 febbraio 2018

Recensione - L'Immortale

Blades of the Immortal


Originale Netflix

The Gardener87


Con le sue rivisitazioni di classici del Sol Levante, Netflix continua a riportare alla luce perle del passato. Ultima di questa serie è il live action de L’Immortale (Blades of the Immortal), capolavoro a fumetti di Hiroaki Samura. Il fumetto è stato pubblicato tra il 1993 e il 2012 e narra le vicende di un ronin condannato all’immortalità.


Perché dico “condannato”?
Dopo avere visto quante volte il protagonista Manji viene fatto a fettine da spadaccini psicopatici che impugnano strane lame, credo che "condanna" sia un termine persino insufficiente a descrivere la tragedia della sua condizione, ma cercherò di darvi una visione d’insieme dell’opera da cui è tratto il film senza divagare troppo.


In piena epoca Tokugawa il ronin Manji, già ricercato per l’omicidio di cento uomini (un numero impressionante, ma destinato comunque a impallidire di fronte alla mattanza che seguirà), riceve il dubbio dono dell’immortalità da una vecchia misteriosa. Per liberarsi da quella che considera una maledizione lo spadaccino fa dunque voto di "uccidere mille scellerati". 

La vicenda inizia col debutto sulla scena di una nuova scuola di arti marziali, l'Ittoryu, capeggiata da Kagehisa Anotsu, la quale inizia a farsi largo con violenza nell'eterna contesa tra i diversi dojo dediti alla pratica della spada. Più simile a una banda di serial killer che a una scuola di arti marziali, l’Ittoryu basa la sua disciplina sul rigetto della tradizione, mettendo la vittoria e il valore marziale al centro, trascurando tutte le formalità e le regole della scherma convenzionale.


Nella lotta per la supremazia Anotsu uccide i genitori della giovane Rin, la quale, su suggerimento della vecchia, si rivolge a Manji per compiere la propria vendetta.
Inizia così un cruento viaggio, durante il quale numerosi personaggi mostreranno una profondità maggiore del previsto, e attraverseranno la linea che divide amici e nemici in diverse occasioni.

Come potete immaginare l'Immortale è ben lontano dalla compostezza formale di Vagabond, di Takehiko Inohue, con molta più azione e, soprattutto, molto più pulp.



Nel fumetto la qualità delle tavole è elevatissima, i personaggi sono fantastici, gli scontri avvincenti e sanguinosi. Il ritmo rimane alto per i primi due terzi della serie, per poi rallentare come spesso capita nei manga, andando a impantanarsi in un finale un po’ ripetitivo.


Da questo materiale prende le mosse il film targato Netflix, che, pur rivisitando in parte il materiale per comprimere 30 volumi in un paio d’ore, è sorprendentemente fedele allo spirito del fumetto.

Gli attori sono tutti assolutamente asiatici, i tempi e le inquadrature ricordano i classici del genere chambara diretti da Akira Kurosawa (I sette Samurai, La sfida del Samurai).

Quello che ne risulta è un classico film “di genere” che, in una certa misura, può risultare un po’ lento a uno spettatore abituato al dinamismo dei film contemporanei, con una colonna sonora piuttosto rarefatta e dialoghi leggermente dilatati che ricalcano lo stile degli anime.
I personaggi principali ci vengono presentati attraverso le proprie caratteristiche distintive. Scopriamo così il malatissimo Kuroi Sabato insieme ai suoi orribili haiku, il sadico Shira e ovviamente Kagehisa Anotsu.



Un po’ sottotono il personaggio di Magatsu, che nel fumetto ha un ruolo ben più importante, ma non si può pretendere tutto da un adattamento come questo.

La storia del live action di Netflix si conclude grosso modo a metà della storia del fumetto, proponendo un finale diverso senza avventurarsi nella parte più debole dell’opera originale. Pur essendo la conclusione che si potrebbe immaginare, questa giunge in qualche misura all'improvviso, quando ancora ci si aspetterebbe qualche altro sviluppo prima del'epilogo, ma potrei essere stato condizionato nel giudizio dall'avere letto il fumetto alla sua uscita.

Concludendo, questo Immortale targato Netflix, pur con qualche difetto, è molto godibile: gli amanti del genere cappa e spada giapponese sapranno sicuramente apprezzarlo, mentre per altri potrebbe rappresentare una valida occasione per avvicinarsi a un genere da cui il cinema d’azione moderno ha tratto molti elementi.
Insomma…
Per me è Sì.


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