martedì 27 marzo 2018

Douglas Adams e la politica italiana


Douglas Adams, il geniale creatore della 'Trilogia in cinque parti' della Guida Galattica per Autostoppisti, ci ha lasciato all'inizio del millennio, eppure il suo potere di precognizione continua a stupire.
In questi giorni di caos, tra alleanze immaginarie, smentite, fratture, incertezze e cambi di direzione, l'Italia politica dimostra quanto siano profonde, riflettendole, le nostre divisioni ideologiche e culturali, e quanto poco ne capiamo davvero su chi e come vorremo ci guidasse.

E Douglas Adams lo sapeva, lo sapeva già nel 1984 quando scrisse il quarto capitolo della serie della Guida, 'Addio, e grazie per tutto il pesce', che ho appena finito di leggere, e in cui ho scoperto questa piccola analisi-barra-profezia che sembra scritta oggi per il nostro disgraziatissimo Paese (anche se ho il forte sospetto che possa adattarsi a tante altre realtà...) e che voglio fissare nel mio piccolo angolo di web.

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- Proviene da una antichissima democrazia, sai... - disse Ford.
- Intendi dire che proviene da un mondo di lucertole?
- No - disse Ford [...] - Niente di così semplice. Niente di così banale. Sul loro mondo, gli abitanti sono esseri umani come noi. I leader invece sono lucertole. Il popolo odia le lucertole e le lucertole governano il popolo.
- Strano - disse Arthur. - Mi pareva che avessi detto che la loro è una democrazia.
- L'ho detto - disse Ford - perché in effetti è così.
- Allora - disse Arthur, augurandosi di non sembrare troppo idiota - perché il popolo non si libera dalle lucertole?
- Non gli passa neanche per l'anticamera del cervello - disse Ford. - Tutti quanti hanno il diritto di voto, quindi pensano che il governo che hanno eletto sia grosso modo il governo che volevano.
- Intendi dire che di fatto votano per le lucertole?
- Sì, certo - disse Ford, scrollando le spalle.
- Ma... - disse Arthur, preparandosi di nuovo a fare una domanda importante - perché?
- Perché se non votassero per una lucertola - disse Ford - potrebbe essere eletta la lucertola sbagliata.
- [...] parlami delle lucertole.
Ford scrollò di nuovo le spalle.
- Alcuni sostengono che il governo di lucertole sia la cosa migliore mai capitata a quel popolo - disse - hanno torto marcio, naturalmente, torto supermarcio, ma c'è chi arriva a dire cose del genere.

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mercoledì 14 marzo 2018

Recensione - Annientamento


Regia di Alex Garland

Originale Netflix


Annientamento (Annihilation) è il primo romanzo della Trilogia dell'Area X, di Jeff Vandermeer. Nel libro si raccontano le disavventure di una biologa e del suo team di scienziate all'interno della misteriosa Area X, una zona in cui le leggi della fisica e della biologia sembrano essere state sovvertite. La squadra della biologa è l'ultima di una lunga lista, perché nessuno è mai tornato dall'Area X per riferire ciò che aveva visto.

Questo il romanzo, un best seller internazionale che pure un lettore di fantascienza occasionale come il sottoscritto non ha potuto non apprezzare. Poi arriva Netflix e mi mette lì davanti il trailer del film, protagonista Natalie Portman, regia di Alex Garland. Wow, che figata! Guardalo, guardalo... Gollum!


Così lo guardo. La prima mezzora è pura sofferenza: i ritmi sono lenti ed enormemente dilatati, i dialoghi contengono lunghe pause e spesso sono del tutto inverosimili, molto vicini al registro di un fumetto, davvero poco credibili in bocca a persone vere, che oltretutto pronunciano una frase ogni quarto d'ora.

Ad aggravare questa prima impressione negative le musiche, completamente fuori luogo. I brani di chitarra sembrano decisamente più adatti a raccontare l'america rurale in un film di David Lynch, che a sottolineare momenti di tensione in cui l'eroina si aggira furtiva tra l'erba alta cercando di non farsi aggredire dalle strane presenze dell'Area X. 


Infine gli effetti speciali: molto spesso hanno un che di posticcio, come accade per i fiori mutanti e per le strane concrezioni che avvolgono gli edifici (e i precedenti visitatori dell'Area). Sembrano ammiccare all'arte di Guillermo del Toro, che si affida più volentieri ad oggetti concreti rispetto alla Computer Grafica, senza però raggiungerne l'efficacia e la potenza visiva.

Quando finalmente la vicenda entra nel vivo, però, devo ammettere che il film si riprende. Annientamento non è un action movie, ma riesce in questa seconda parte a trasferire una buona - seppur non eclatante - dose di tensione, e alcune scene dai tratti decisamente gore, dove il dettaglio truculento però non è mai abusato, inquadrato quel tanto che basta per non snaturare l'equilibrio della pellicola, che cerca sempre di mantenersi in bilico tra il thriller e la sci-fi psicologica.


Nella caratterizzazione dei personaggi risiede a mio avviso un'altra possibilità mancata di Annientamento. Il gruppo della biologa Natalie Portman (lei compresa) è appena abbozzato nei tratti caratteriali e nel vissuto personale, con la caratterizzazione affidata quasi esclusivamente a un breve dialogo durante uno spostamento in barca nell'Area X.

Molte delle stranezze che le ragazze incontrano sono figlie dell'adattamento cinematografico, e non compaiono nel romanzo di Vandermeer; alcune, come le piante antropomorfe e gli strani essere che nuotano nelle acque dell'Area, sono originali e ben inserite nelle atmosfere oniriche che caratterizzato lo strano luogo, nel film più che nel libro.

Nonostante ciò che può sembrare alla fine il bilancio è positivo, e Annientamento pare aver avuto un buon riscontro nelle critiche. Non passerà alla storia come il miglior adattamento di sempre, ma sono molto contento che Netflix stia investendo nel fantastico. Dopo la piacevole sorpresa di Bright, scoprire Annientamento è stato bello, mi auguro che il progetto preveda il completamento dell'intera trilogia.


Anche se questo film prende una direzione piuttosto diversa da quella del primo romanzo della serie (che rimane a finale assolutamente aperto ed è ancora più misterioso), sono davvero curioso di vedere come va a finire, perché il regista Alex Garland è riuscito a trasmettermi la stessa sensazione di vuoto che Truman Capote descriveva così: "Finire un libro" diceva, "è come prendere un bambino, portarlo in cortile e sparargli".
Un grande vuoto, sì, che spero di colmare presto.

Recensione - Il Corvo


by The Gardener87


Regia di Alex Proyas, 1994.

Qualche giorno fa è stato ufficialmente annunciato che l'11 ottobre 2019 uscirà il remake de "Il Corvo", film del 1994 tratto dall'omonimo fumetto indipendente di J. O’Barr, dove vedremo Jason Momoa vestire i panni di Eric Draven, sperando che non gli vadano troppo stretti, vista la notevole differenza di stazza con il suo predecessore Brandon Lee.


Immediatamente mi muovo in cerca di qualcuno con cui condividere i miei timori, reduce dalle cocenti delusioni dei vari reboot/sequel/prequel che infestano le sale cinematografiche negli ultimi anni e ... 

“In che senso non hai mai visto Il Corvo?”
Ricordo perfettamente di avere avuto questa conversazione centinaia di volte, anche con le stesse persone, senza che il mio disappunto diminuisse.
Come non avete mai visto il corvo?

Evidentemente abbiamo qualcosa di cui parlare.
Il Corvo del regista Alex Proyas (Io, Robot) è un classico, un vero e proprio cult per dark/hard-rocker e non solo.
Questo adattamento cinematografico del fumetto di J. O'Barr buca lo schermo sia per l'eccellente traduzione del linguaggio dei due differenti media, sia per la tragica sorte del protagonista Brandon Lee, rimasto ucciso durante un incidente di produzione.



In questo capolavoro del gotico moderno il protagonista Eric Draven (Brandon Lee) ritorna dal mondo dei morti per vendicare la propria fidanzata, stuprata e assassinata la notte di Halloween da una banda di balordi al soldo del sinistro Top Dollar, interpretato dal magnifico Michael Wincott, uno dei miei attori preferiti, che non ricordo di aver mai visto interpretare altro che “cattivi” (il cugino dello sceriffo in Robin Hood: Principe dei Ladri, il rapitore in Nella Morsa del Ragno e il capo dei banditi in Alien: Resurrection...), che qui da vita a un morboso ed elegantissimo capobanda che altro non vuole se non “divertirsi come si deve”.



Eric “Il Corvo” è un invincibile Revenant, che intreccia la sua dolorosa storia di vendetta ed estraniante solitudine, con un poliziotto di colore (Ernie Hudson) e una ragazzina un po' sbandata, trascurata dalla madre tossicodipendente.
Nel dare la caccia ai responsabili del brutale omicidio ripercorre i passi della propria storia d'amore, visitando i luoghi in cui lui e Shelley si sono amati e sono morti, ritrovando oggetti e fotografie che evocano i ricordi di una vita finita senza speranza.



La scenografia mette in scena una città malata fatta di degrado e criminalità, desaturata come i sentimenti di chi ne percorre le strade in cerca di qualcosa capace di risollevarli dal torpore in cui si sono rifugiati.

La colonna sonora chiama a raccolta gruppi musicali punk/rock di primissimo piano, primi fra tutti i The Cure, inserendo performance live che riempiono le scene di un mood goth avvolgente come un cappuccio di velluto nero.
I dialoghi e le battute del Corvo-Eric sono stupendi, il suo senso dell'umorismo, il suo atteggiamento buffonesco, le sue rime ricordano il cantante che era stato in vita e che continua a essere nella (non) morte, un umorismo ancora più musicale in lingua originale, senza nulla togliere all'ottimo doppiaggio italiano.



Non da ultime vengono le gustosissime scene d'azione in cui l'eroe dannato affronta con gran stile i depravati criminali che lo ostacolano.
Ma anche per l’invincibile Corvo la situazione può precipitare. Prima che tutto finisca Eric dovrà rischiare qualcosa di molto più importante della propria vendetta personale.

Parlando de Il Corvo parliamo di un classico che trasuda stile a ogni cambio di inquadratura e regala citazioni memorabili a ogni dialogo.
Parliamo di un grande film che anche a distanza di molti anni conserva inalterato il proprio fascino e con un ritmo tuttora assolutamente moderno.

Non vi ho catechizzato a sufficienza?
Correte a vedere Il Corvo prima che continui!