martedì 5 settembre 2017

Recensione - I Cento Regni di Darkover

Marion Zimmer Bradley



Continuando la lettura di questo corposo ciclo fantasy - in rigoroso ordine cronologico rispetto alle vicende vissute sul celebre pianeta del sole rosso - sono approdato a I Cento Regni di Darkover, volumetto agile che raccoglie numerosi racconti selezionati, come usanza, da Marion Zimmer Bradley.

I Cento Regni del titolo connotano tanto le realtà feudali che hanno contraddistinto un antico periodo della civiltà fondata dagli umani sbarcati su Darkover, quanto il periodo stesso, detto, per l'appunto, dei Cento Regni.


In questo panorama così frammentato i Signori delle varie famiglie (i potenti Comyn e le genie minori) si danno battaglia a colpi di spada, intrighi e laran, i poteri mentali sviluppati da alcuni umani - e poi "coltivati" proprio grazie alla selezione genetica e a generazioni di matrimoni nobiliari - a seguito dell'ancestrale naufragio in questa regione remota dello spazio.


A differenza di altre antologie della serie (la produzione sorta attorno ai romanzi regolari della saga è pressoché sconfinata) lette finora, nei Cento Regni troviamo descritti anche esseri non umani, creature originarie di Darkover, che dopo la loro prima apparizione in Naufragio sulla Terra di Darkover (libro "zero" del ciclo) erano stati un po' messi da parte a favore degli intrecci dinastici e matrimoniali delle varie famiglie.


Questo è anche uno degli aspetti a mio parere negativi (forse l'unico, in realtà) della raccolta: nella prima metà del libro non si parla d'altro. Se ne parla in maniera gradevole, i racconti sono estremamente ben scritti e scorrevoli (soprattutto il primo, Aillard, di Diane Partridge), come del resto ci si aspetta dalla Bradley, una delle regine indiscusse del fantasy (qui in veste quasi esclusiva di selezionatrice), ma viene sempre riproposto pedissequamente lo stesso schema: una ragazza data in sposa contro la sua volontà a un ciccione unto e sudato (ma non tutte allo stesso ciccione, eh...).

Per fortuna la seconda metà riprende tono e smalto, e noi beceri maschietti possiamo godere di una decisa svolta verso lo Sword & Sorcery, che movimenta tutta la baracca.
Il racconto La Spada del Caos - che non a caso è della Bradley - è davvero bellissimo, tragico e coinvolgente, e così numerosi altri dopo di esso.


Diversi racconti narrano le vicende di uno dei personaggi simbolo della saga, Varzil il Buono, artefice del Patto che ha vietato l'uso delle terribili armi magiche sviluppate grazie all'uso del laran nelle Torri dei maghi (anche se su Darkover si chiamano Laranzu...), quali la Pece magica e la Polvere mangiaossa, svelandone i misteri della nascita e della gloriosa ascesa al Supramondo.

In definitiva quello di Darkover si conferma un ciclo imperdibile per gli appassionati del fantasy, tanto per gli scritti originali della Bradley, quanto per quelli "apocrifi" (che poi apocrifi non sono).
Credo che l'altissimo grado di strutturazione del mondo, lo stile un po' datato (non c'è la crudezza e la volgarità che è invece molto diffusa nei romanzi fantasy attuali, più Low Fantasy, tanto per usare le categorizzazioni che odio), che giunge fino alla creazione di neologismi derivati dalle antiche lingue umane evolutesi nel nuovo ambiente, come bredu per fratello, o dom per Signore, conferisca ai romanzi di questo enorme ciclo uno spessore che è difficile ritrovare in altre saghe.

E ora vado, me ne mancano solo altri centroquarantremila per finire il ciclo.

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