giovedì 27 luglio 2017

Recensione - I Canti di Hyperion

di TheGardener87


LA CADUTA DI HYPERION

I Canti di Hyperion (The Hyperion Cantos) di Dan Simmons sono una saga composta da quattro libri: Hyperion (1989), vincitore dei premi Hugo e Locus, La caduta di Hyperion (1990), Endymion (1995) e Il risveglio di Endymion (1997).

In questa recensione tratterò in particolare dei i primi due volumi, che costituiscono il primo arco narrativo dei Canti.

La saga de I Canti di Hyperion è un classico della fantascienza che riporta alla memoria le atmosfere della serie dei romanzi 'Urania'.
In questo futuro remoto l'umanità ha colonizzato pianeti dispersi tra stelle lontane, e ha costruito una fitta rete di teletrasporti dalla quale mondi altrimenti inabitabili sono del tutto dipendenti: esistono persino corsi d'acqua che grazie ai portali scorrono attraverso diversi pianeti, e ricchi proprietari che possono permettersi dimore sontuose in cui ogni porta si affaccia su un mondo diverso.


In quest'epoca di progresso però non sono scomparsi né crimine né conflitti armati, e numerosi pianeti celano misteri e segreti: reliquie di razze estinte, nuove religioni ed etnie con un loro peculiare approccio alla vita e alla tecnologia, come la Chiesa della Redenzione Finale, e gli enigmatici Templari, guardiani del pianeta Bosco Divino.

Al di fuori dell'Egemonia, l'unione dei pianeti della civiltà umana, esistono altri poteri: il Tecnonucleo, formato dalle intelligenze artificiali separatesi dai loro creatori per formare una comunità isolata ma cooperante con l'Egemonia, e gli Ouster, esseri umani che hanno viaggiato nello spazio tanto lontano e tanto a lungo da avere perso i loro connotati originali.
Gli Ouster hanno alterato profondamente la propria fisiologia tramite l'ingegneria genetica, fino a divenire una razza separata, e gli unici contatti che i pianeti dell'Egemonia hanno coi loro sciami sono violenti e brutali: questi alienati barbari dello spazio sono guerrieri spietati, e i pochi sopravvissuti agli scontri riferiscono eventi di terrificante crudeltà.
Dopo essere a lungo andati alla deriva gli Ouster stanno tornando verso lo spazio dell'Egemonia, e lo scontro finale tra le due civiltà è ormai imminente.


In questo variegato panorama un gruppo di persone viene convocato dal leader dell'Egemonia per compiere un pellegrinaggio sul pianeta Hyperion, alle Tombe del Tempo, misteriose strutture che provengono da un futuro lontano per le quali il tempo scorre al contrario, ormai prossime all'allineamento temporale col presente. Le Tombe del Tempo sono vigilate da una spaventosa creatura: un mostro cromato chiamato Shrike, venerato come una divinità della fine dei tempi.


In Hyperion i pellegrini, durante il cammino verso le Tombe del Tempo, raccontano ciascuno la propria storia, svelando i motivi per cui si sono uniti a questo strano viaggio, riproponendo la struttura de I racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucher, uno dei tanti elementi che rivelano la profonda cultura letteraria di Simmons e la grande influenza che essa ha esercitato sui suoi scritti. Questi romanzi dalla scrittura magistrale sono davvero fitti di riferimenti letterari, che non solo ritroviamo nelle citazioni e nella formulazione dei periodi, ma si insinuano nella trama fino a diventare personaggi della vicenda.

Nel secondo libro, La caduta di Hyperion, la narrazione si allarga ad abbracciare gli eventi al di fuori del pianeta Hyperion, indagando i rapporti dell'Egemonia col Tecnonucleo mentre la storia si evolve rapidamente verso il climax.


La variabile tempo è fondamentale in questi romanzi, una variabile fluida e mutevole: i racconti dei pellegrini ci portano a diversi momenti del passato, oppure in un tempo soggettivo, sia per gli effetti dei viaggi spaziali alla velocità della luce, che per quelli del campo anti-entropico delle Tombe del Tempo. Il passato di uno dei pellegrini potrebbe essere il futuro di un altro: a volte non è possibile distinguere con chiarezza, almeno fino al momento in cui l'intreccio degli eventi viene finalmente alla luce.

La narrazione è molto fluida, piena di mistero, suspense e colpi di scena. Gli eventi descritti sono spesso drammatici, con poco spazio per l'umorismo e la leggerezza, e tutto il racconto è focalizzato sul proseguimento della trama: anche eventi apparentemente distanti dalla vicenda dei pellegrini, venendo a maturazione, si andranno a innestare perfettamente nella struttura del racconto.
Nel finale le storie dei protagonisti giungono a una soddisfacente conclusione, lasciando alcune aperture sulle quali saranno basati i due romanzi successivi dei Canti: Endymion e Il Risveglio di Endymion.


Endymion e Il Risveglio di Endymion, i romanzi conclusivi del ciclo di Hyperion, si svolgono tre secoli dopo la fine de La caduta di Hyperion, anche questi sono racconti di pregio, ma non incalzanti quanto i precedenti, mancando di quel complesso intreccio di punti di vista e tematiche che rendono tanto coinvolgenti i primi due. La seconda metà dei Canti svela però molte cose sugli Ouster, sugli eventi intercorsi negli intervalli temporali non trattati in precedenza, sulla sorte dei pellegrini e sull'universo di Hyperion in generale.

Una menzione particolare spetta al misterioso Shrike: una creatura spaventosa, le cui apparizioni sono sempre cariche di tensione, la cui muta presenza è capace di suggerire molti segreti: egli è il custode delle Tombe del Tempo e il destino che ha in serbo per le proprie vittime è tra i più atroci e cruenti. Per alcuni è un messia, per altri una musa, per altri ancora una nemesi; terribile d'aspetto e dotato di capacità metafisiche spostandosi lungo il fiume della storia lo Shrike è divenuto, nel proprio tempo soggettivo, antico e tenebroso, una creatura da incubo che merita senza dubbio un posto nel pantheon dei mostri sacri della fantascienza.


In conclusione questi Canti di Hyperion hanno tutto il diritto di essere annoverati tra i capolavori della fantascienza, e sono infatti considerati una delle opere di scifi "epica" più importanti della fine del XX secolo.
Dan Simmons è uno scrittore di grande talento, capace di infondere i suoi romanzi imprevedibili e complessi con un'atmosfera propria dell'epica classica, ricca di pathos e coinvolgimento, caratteristica propria della sua intera produzione letteraria, in cui si innestano raffinate citazioni senza rendere pesante la lettura.

Perciò tuffatevi in questo viaggio ai confini della fantascienza, che vi porterà là dove nessun altro è mai giunto prima.



lunedì 24 luglio 2017

La lunga agonia del fantasy

Ho deciso di scrivere questo post perché c'è davvero bisogno di una bella pulizia. Non è possibile che la rete sia invasa da tanta spazzatura.


È meraviglioso che tutti possano scrivere, è pessimo che tutti possano pubblicare (per questo vi sollazzerò con cover come questa, così capite).
In certi campi la democrazia non è applicabile: se qualcuno sostiene che 2+2=5 la sua opinione non va rispettata. Gli si dimostra che ha torto e, se continua, lo si prende a randellate nei denti.
In arte è lo stesso. Un cesso in mezzo a una stanza non è un'opera d'arte perché se l'arte è negli occhi di chi guarda allora nulla lo è oggettivamente. La teoria della comunicazione insegna che il codice deve essere condiviso tra mittente e destinatario. Se il sedicente artista non mi spiega per filo e per segno perché ha messo un cesso in una stanza, di fatto non sta comunicando nulla. Ergo, niente arte, e il randello di prima torna buono...
La letteratura ovviamente è arte, ed è un'arte costituita da comunicazione allo stato puro; occorre perizia e mestiere per fare lo Scrittore. Giusto provarci, ma bisogna studiare.

Tanto per dar peso a questo ragionamento mi fa piacere citare Ernesto Hemingway, il quale, con estrema delicatezza ci ricorda che: "la prima stesura di qualsiasi cosa è merda". Bene, il 99% del fantasy che si trova online (e mi limito al genere che mi è più familiare) è una prima stesura. A voi la conclusione del sillogismo.

Ad aggravare la situazione aggiungo che si tratta della prima stesura di gente che non conosce il mestiere. Quindi alla massa dei refusi e degli orrori grammaticali si vanno a sommare un vocabolario da terza media e l'assoluta mancanza di struttura, di coerenza, di climax e più o meno ogni altra cosa definisca un romanzo come tale.


Anche io da grande volevo fare l'autore esordiente (o "emergente", come se si potesse emergere da questo mare di mediocrità solo per aver pubblicato altra cacca, di fatto, alimentando un loop terrificante), però, quando la mia Casa Editrice ha chiuso i battenti, io ne ho approfittato per studiare. Così, corsi di scrittura e manuali di sceneggiatura alla mano, mi sono reso conto di quanto non fossero buoni i miei lavori. Risultato: essi sono tornati nei proverbiali cassetti, ed è lì che rimarranno finché non saranno davvero all'altezza, se mai avverrà.

Poi continuerò a scontrarmi col mercato dell'editoria e le sue difficoltà, ma con la consapevolezza di lottare con armi non spuntate.
Ma veniamo al dunque: siccome tutto questo sfogo è nato dalla lettura di alcuni pseudo autori, mi fa più che piacere passare a esempi concreti.
Il primo (tanto per buttar lì un po' di contraddizione) non è in realtà opera di un esordiente, ma il risultato di un lavoro di traduzione grossolano figlio a sua volta di un mercato che fa della quantità - e non della qualità - il suo fine principale (ed è incentivato dalla totale mancanza di cultura letteraria del pubblico di casa nostra. "Eh, bravo lui, se non gli piace allui allora èbbrutto, ma tutti i gusti so' gusti" direte voi. Sì, finché non mi volete convincere che 2+2 fa 5, poi è randello).

Prima però, a Cesare quel che è di Cesare, ovvero, prima le scuse.
Mi scuso. Mi prostro, non lo faccio più. Ma ero in vacanza e cercavo un librino aggratis da scaricare. Ho scritto fantasy su Amazon ed è uscito questo "Cara's Twelve" (motivo per cui dovrebbero essere LORO a scusarsi...). 


Ogni tanto il romanzo di uno sconosciuto lo prendo su, sai mai. E poi ammetto che mi piacciono le atmosfere da salottino inglese alla Jane Austen (motivo per cui ho subito adorato Robert Jordan e le sue Aes Sedai). Insomma, più o meno sapevo a cosa andavo incontro. Più o meno.
Salto direttamente al 35% del libro, perché la prima parte al massimo pecca di ignavia. Ma qui cominciano le perle.
Al 35% del libro si legge: "mi fermerò in ogni momento, okay?"
OKAY? In un libro "fantasy", okay? Va bene che lo scopo (variare l'accento sulla prima O per scoprire il leitmotiv del romanzo) di sta roba è altro dalla narrativa, va bene che gli uomini sono tutti così



e le donne tutte così


e che per salvare il mondo l'unica cosa da fare sia trombare come vulcaniani durante il Pon Farr,



va bene la traduzione piena di refusi - che magari la poveretta la pagano 1€ a collana - e il vocabolario che è, come si diceva, da terza media.
Va bene tutto. Ma OKAY NO!
Ma se il primo terzo di libro è solo noioso, adesso subisce una svolta grottesca. La protagonista (un mignottone - finora solo potenziale - di proporzioni gargantuesche, che ha un "mancamento" ogni volta che un maschio le passa accanto) ha appena porneggiato nel bosco -  senza alcun motivo ammissibile nell'ottica del personaggio che era stato mostrato fino a quel momento - donando la sua virtù al primo che passava (giuro: al primo che passava). Arriva un altro maschione del suo entourage, la porta nel carro e le dice - attenzione perché questa è fantastica - : "ora ti devo pulire." ORA TI DEVO PULIRE???
Cara è prossima a diventare regina, è perfettamente sana (magari un po' stanchina di chinarsi per... raccogliere funghi nel bosco, ma sana), e questo la deve pulire???
Lettrici, ma compratevi un abbonamento a iuporn che lì la gente è più credibile!
E poi il finale, beh, non lo so come va a finire (ma lo immagino!), non ce l'ho fatta. A metà l'ho abbandonato. Questa roba uccide la credibilità del fantasy. Beninteso, per me potete leggervi quello che vi pare, ma nelle librerie, che siano fisiche o digitali, sta roba non va accostata al genere fantasy. E' per questo che Martin non finisce il Trono di Spade, perché gli viene un infarto ogni volta che vede gli scaffali delle librerie. E se muore prima di terminare, io so già con chi prendermela.

Altro giro altro regalo di questa mia breve escursione tra le zozzerie della rete.
Il cacciatore di pietre, di A.H. Den. 


Di questo ho letto solo l'anteprima: 46 (non 3, non 10: 46) pagine di refusi, contestualizzazione approssimativa, personaggi incomprensibili, ambientazione fumosa (è Fantasy? Fantascienza? Steampunk? Cosa! Cosa?!) e narrazione frammentata in millemila cambi di scena
Inoltre, ditemi, voi, se, non, vi, rompereste, i, maroni, a, leggere, frasi, scritte, tutte, così.
Un editor cieco avrebbe risistemato (almeno) la leggibilità dell'anteprima in un'ora di lavoro.

A onor del vero va spezzata una lancia (possibilmente sulla schiena) a favore di tutti quelli che hanno il sogno di scrivere e non vengono aiutati dalle Case Editrici.
Eh sì perché se chi si autopubblica di solito è reo di lesa maestà nei confronti della Scrittura, chi si rivolge da neofita, magari con delle buone idee da sgrezzare (spesso, nelle prime stesure gettate in pasto alla rete ci sono ottimi spunti), a supposti professionisti del settore, dovrebbe vedersi affiancato un correttore di bozze, un editor, un disegnatore, insomma, qualcuno che gli dica:"questo fa schifo, questo va tolto, questo si valorizza così" ecc (tipo: smettetela di usare le D eufoniche, cacchio!).

E invece la maggior parte delle CE minori, soprattutto quelle digitali, non fa nulla di tutto ciò, col risultato che la galassia degli isbn si arricchisce di continuo di nuove "perle" che non subiscono alcun tipo di filtraggio o di miglioramento. Il tutto a fronte di percentuali di royalties ingiustificatamente basse, che assegnano allo pseudo scrittore sì e no un terzo del guadagno quando va di lusso (anche se di solito di guadagno, per lo scribacchino, in questi casi non se ne vede, perché esistono quasi sempre franchigie che mettono al sicuro lo pseudo editore dall'elargizione di compensi. E dell'editoria a pagamento non voglio neanche parlare).

Quindi, in conclusione, mi permetto da Signor Nessuno (sono a casa mia in fondo, quindi pontifico quanto cavolo mi pare) di consigliare a chiunque intenda scrivere di studiare, studiare e studiare, e poi affidarsi a un revisore professionista (sì lo so, costano, ma è per il vostro bene, per quello della vostra tecnica, della qualità dell'editoria italiana e soprattutto per il mio, che non ne posso più di leggere schifezze). Solo dopo questo step potrete e dovrete cominciare a lottare per pubblicare (e non autopubblicare).

Se non avete voglia e/o capacità di sudare sangue, riscrivere, fare autocritica, buttare nel cesso interi capitoli, beh, il vostro hard disk è un posto caldo e sicuro, lontano dalla tempesta. Tenetelo lì il vostro romanzo, và.

Chiudo con la preghiera delle due di notte.
Vi prego, lettori e colleghi bloggettari, smettetela di alimentare il loop di visibilità di sta roba con recensioni sbrodolanti e profusioni di stellette che neanche la notte di san Lorenzo.
Smettetela anche, pseudo scrittori, di farvi le recensioni da soli.
Inoltre smettetela, tutti, di taggare come fantasy romanzi erotici, rosa, urban, romance, distopici, e soprattutto vampireschi dove adolescenti trombano lupi mannari che salvano angeli che trombano demoni che sono in realtà vampiri adolescenti arrapati.

Basta, davvero. Ho parlato con Tolkien l'altra sera. Mi ha detto che gli avanza un troll di caverna. Smettetela o ve lo faccio scatenare contro finché non restituirete il fantasy ai legittimi proprietari.


mercoledì 12 luglio 2017

Recensione - Malazan dei Caduti

La Saga

di The Gardener87




In questa recensione voglio parlare dell’intera saga di Malazan e della personale esperienza che ne ho tratto, senza svelare dettagli fondamentali sulla trama.

La Caduta di Malazan (Malazan Book of the Fallen), l’opera di 10 libri scritti dal canadese Steven Erikson tra il ’99 e il 2006 (edita in Italia tra il 2004 e il 2016) è nella mia esperienza la saga fantasy più complessa e strutturata in cui mi sia imbattuto, con una completezza paragonabile solo alle opere di Tolkien.

Ho cominciato il primo volume [I Giardini della Luna, NdR] dopo che la saga mi era stata caldeggiata fortemente, e, nonostante nelle prime pagine avessi avuto alcuni dubbi in merito alla profondità dell’opera, a causa di uno dei molti personaggi presentati (che temevo facesse sprofondare il tutto nel classico fantasy col giovane eroe di scarso spessore) mi sono ricreduto completamente quando l’audacia e la vastità dell’opera hanno cominciato a dipanarsi.




La saga di Malazan prende l’avvio dalle vicende di un’armata dell’omonimo impero a poca distanza da un colossale avvicendamento di potere; sulle vicende di questi soldati si andranno a intrecciare decine di altre storie e centinaia di personaggi dotati di una propria autonomia narrativa. In questo grande racconto molte volte le vicende sembrano allontanarsi dal filone principale, che non è facile da identificare, per poi tornare a convergere inaspettatamente: più di una volta infatti, un personaggio, che a prima vista pare solo uno dei tantissimi nomi, si rivela una pietra miliare della trama, con le proprie ambizioni e la sua crescita personale.

In questa saga Steven Erikson descrive e definisce un mondo con storia, cultura, popoli e pantheon diversificati, insieme alla struttura stessa del multiverso, a sua volta influenzata dalla natura della magia; il mondo di Malazan rientra a pieno titolo nel genere high-fantasy, dove gli dei sono personaggi attivi del racconto, il cui fato è legato a doppio filo a quello dei propri fedeli e del mondo mortale che tentano di influenzare.

In questi racconti, vi avviso fin d’ora, la morte è in agguato, tra i personaggi che si affollano sullo sfondo, tra gli eroi e tra gli antagonisti: nemmeno gli dei sono al sicuro dal destino infausto.
Eroi e antieroi sono divisi da un confine labile: la molteplicità dei punti di vista conferisce spessore alle fazioni, ciascuna spinta da diverse motivazioni e desideri. [Qui c'era un commento del Giardiniere sulla fragilità dell'animo umano, cassato per la palese inadeguatezza al contesto. Voglio però lasciare il mio biasimo a imperitura memoria  del suo momento di debolezza. Che non capiti più: shame on you, Gardener! NdR]


I testi sono di grande qualità e le riflessioni profondamente introspettive, contribuendo in maniera fondamentale alla caratterizzazione psicologica di personaggi, che, dal primo all'ultimo non mancano di aprire al lettore una finestra sulla propria coscienza, con tutti i turbamenti e le passioni che li animano.

Questa saga merita di essere considerata una vera e propria pietra miliare del fantasy moderno, e colloca Steven Erikson - nella mia classifica personale -, nella stessa posizione occupata nella fantascienza da Dan Simmons (autore del ciclo “I canti di Hyperion”). Tuttavia non è esente da alcuni difetti.
La narrazione, pur essendo molto coinvolgente, a volte rimane soffocata dalla mole stessa del racconto: la sensazione di non riuscire ad afferrare la direzione della trama, lo sforzo di ricordare a chi appartiene un nome e in quale occasione ha fatto cosa, si amplifica man mano che si prosegue nella saga. In alcuni passaggi sembra che interi filoni narrativi, per quanto interessanti, rimangano fini a se stessi, e molti di questi lasciano quesiti irrisolti nel finale.
Tra i volumi che compongono l’opera l’ottavo [I Segugi dell'Ombra, NdR] e il nono [La Polvere dei Sogni, NdR] risultano meno scorrevoli dei precedenti: qui il flusso degli eventi sembra trascinarsi pigramente tra le riflessioni e le speculazioni di molti personaggi, lontano dal susseguirsi di fatti e rivelazioni tipico dei primi volumi, ricchi di incontri carichi di tensione alternati a momenti dai toni leggeri.



Alla fine della storia non posso, in tutta franchezza, affermare di avere compreso la trama, sulla quale dovrò riflettere a lungo, forse persino tentando una seconda lettura per mettere in ordine i pezzi del puzzle.
Nonostante l’incredibile complessità, non posso però in alcun modo considerare quest’opera meno che eccezionale, destinata a influenzare profondamente il mio personale approccio al genere fantasy.

Dopo anni di romanzi fantasy in cui le sublimi vette del potere e della magia erano solo scuse per fare evadere protagonisti adolescenziali dal dramma della realtà amorosa – oltre che dalla pochezza della loro profondità psicologica – questa saga di Malazan ci tuffa in un mondo di dei, ascendenti, umanoidi e bestie, dove la magia è una forza costituente e in evoluzione, intrecciata nel tessuto della realtà con sentieri e stratificazioni innumerevoli.



Se siete appassionati del genere fantasy non potete lasciarvi sfuggire quest’opera imponente, che sono sicuro vi colpirà quanto ha colpito me.
Se siete anche amanti dei Giochi di Ruolo poi, ci andrete a nozze: Steven Erikson e Ian Esslemont hanno descritto quest’incredibile mondo proprio come ambientazione per un GdR e, dopo i primi rifiuti hanno avuto la forza di trasformare le proprie idee in grandi romanzi, anche esterni al ciclo principale del Libro dei Caduti di Malazan.
Se non siete amanti del fantasy invece, perché non avvicinarsi a esso con questo capolavoro?

Non lasciatevi intimidire dalla mole degli scritti: i primi cinque libri [I Giardini della Luna, La Dimora Fantasma, Memorie di Ghiaccio, La Casa delle Catene, Maree di Mezzanotte, NdR] possono considerarsi autoconclusivi, ma arrivati a quel punto sarete probabilmente troppo coinvolti per abbandonare la lettura di questa epica vicenda.


La Caduta di Malazan è sicuramente una lettura impegnativa, ma che non mancherà di ricompensare chi saprà dedicarvi l’attenzione che merita.