Originale Netflix
by The Gardener87
Dopo lungo tempo (per causa mia), ecco una bella e corposa recensione dell'amico Giardiniere sulla serie targata Netflix Altered Carbon.
Altered Carbon...
Altered Carbon...
Difficile parlare di questa serie cyberpunk targata Netflix tratta dal romanzo Bay City di
Richard K. Morgan del 2002 (che a essere sincero non ho letto, ma farò in modo da
rimediare prima possibile).
Si tratta di una produzione di prima qualità, con
attori capaci ed effetti speciali che non hanno nulla da invidiare al grande
schermo.
Avendo letto qualche recensione non proprio lusinghiera, una
delle quali descriveva la serie come "lentissima e pretenziosa", ero riluttante a
iniziarla, ma la visione dei primi episodi mi ha conquistato.
L'etichetta di lenta e pretenziosa può forse derivare, a mio modesto parere, dalla poca familiarità col genere cyberpunk e le sue
tematiche, cosa che potrebbe condurre, a priori, verso aspettative più orientate all'action-thriller, con molto buda-buda-buda e situazioni da pelle d'oca, mentre
quello che ci si trova di fronte è piuttosto diverso.
La forza del genere cyberpunk non è data dai fighissimi arti
cibernetici o dalle pistole di grosso calibro (e dalle lenti a specchio, come
dimenticare le lenti a specchio...) e nemmeno dalle modelle seminude che fanno
capolino qua e là, ma piuttosto dal senso di alienazione e dalla costante
sospensione morale a cui sono costretti i protagonisti.
In questo Altered Carbon arriva perfettamente al cuore della
questione.
La Trama.
Il protagonista Takeshi Kovac si risveglia a oltre duecento
anni dall'inizio del suo periodo di stasi, catapultato in un nuovo corpo e in
un mondo che non gli è familiare se non nella misura dei propri tragici timori, divenuti realtà.
Kovac è un pericoloso sicario, reso spaventosamente cinico
dalla perdita di tutti gli affetti, dal completo fallimento degli ideali per cui ha combattuto e, cosa non trascurabile, dalla
propria morte.
Eh sì, proprio così: in Altered Carbon la morte del corpo
non coincide con la morte definitiva della coscienza e delle memorie. Queste sono conservate in apposite pile corticali che possono essere
trasferite su diverse custodie, ovvero corpi umani, cloni del corpo
originale, corpi di altri, corpi a noleggio, e tutto quello che il denaro può
comprare.
Takeshi dunque viene liberato (riattivato? rianimato? resuscitato? cosa siamo se di noi non resta altro che un pugno di circuiti
e una manciata di elettroni?) in una nuova custodia, e badate, non un ciccione sudato e ansimante,
eh? proprio un tizio di due metri largo come un armadio con muscoli tirati a
balestra per volontà di un ricchissimo Mat.
"Mat" non è un nome, ma la contrazione di Matusalemme, la ristrettissima cerchia di uomini abbastanza ricchi da poter comprare
tutte le custodie che vogliono ed eseguire backup pluriquotidiani della propria
pila, divenendo sostanzialmente immortali e capaci di accumulare ricchezza,
influenza e perversioni, per secoli.
Perché il Mat Laurens Bancroft si prende il disturbo di fare
scarcerare un pericoloso criminale e pagare per una custodia di prima scelta? Ovvio, per indagare sul proprio omicidio, cioè la distruzione della propria pila
corticale e il tentativo fallito di compromettere il suo archivio di
backup.
Inizia così la difficile indagine del protagonista,
costretto a districarsi tra mille identità di facciata, insabbiamenti, abissi
di perversione e disperazione. Nello svolgimento del suo incarico Takeshi sarà
costretto a servirsi a fondo del proprio addestramento unico, della propria
disciplina mentale unita a una massiccia dose di spietatezza e a una
totale assenza di scrupoli.
Ora, se siete stati attenti, avrete notato che non ho mai definito
Takeshi come l' "eroe": si tratta infatti di un uomo arrogante e spesso
crudele, un manipolatore nato che si serve delle persone facendo leva sui loro desideri
e sulle loro paure per raggiungere i propri
scopi (molto bastone e poca carota, a dire il vero).
Non è però del tutto privo di umanità: la sua vera debolezza
si rivelerà l'incapacità di abbandonare i propri "strumenti" una volta diventati inutili, il legame con le persone di cui si è
circondato per portare avanti l'indagine da cui dipende la sua libertà.
Il Contesto.
Kovac e gli altri personaggi sono il prodotto del tempo e della società in cui vivono, una realtà esplorata con lucidità sulla base
dei propri presupposti, un futuro distopico ma tristemente
credibile, dove vizi, manie e contrasti sociali vengono amplificati all'estremo.
Un aspetto, che personalmente ho molto gradito, che può non
essere apprezzato da tutti i palati: parecchio tempo viene infatti speso nell'esplorazione di
questo futuro oscuro, nell'approfondimento psicologico dei personaggi e, attraverso
questo, dell'intera società di Bay City.
Può sembrare un po' pesante in effetti, ma il tono non è mai
espressamente moralista, se non nella misura della nostra capacità di
indignarci di fronte ad argomenti con contenuti etici.
Tirando le somme.
Insomma, ambientazione azzeccata, bei personaggi, un mistero
avvincente: Altered Carbon sembra privo di difetti.
Nella prima metà.
A un certo punto della faccenda infatti la trama va un po'
alla deriva, tirando prima in ballo un caso troppo incredibile per essere vero
e troppo transitorio per avere senso, poi delle motivazioni che spostano molto
la centralità della vicenda sul protagonista, suscitando - quantomeno in me - una sensazione simile
a quella provata guardando Spectre (l'ultimo James Bond), in cui tutto e tutti
girano intorno a Bond (amici di Bond, nemici di Bond, colleghi di Bond, parenti
dimenticati di Bond, il gatto di Bond...).
Nonostante questa sbandata la soluzione dell'investigazione
e il finale sono belli robusti, con la prospettiva di una personalissima
missione impossibile per il protagonista (qui forse finalmente divenuto, e a buon diritto, eroe) che potrebbe impegnarlo per il resto dei propri giorni (bello
cavalleresco).
La serie è conclusa ma il finale è possibilista e allusivo come piace a
me; tuttavia, se ci risparmiassero una deludente seconda stagione di sola retrospettiva
su Kovac e il suo passato rivoluzionario sarei molto più contento.
A parte qualche scelta narrativa che non mi ha convinto fino
in fondo mi sento di
consigliare questa serie a tutti gli amanti del genere
cyberpunk, che potrebbero essere rimasti, come me, un po' delusi da
Bladerunner 2049.
Qui all'atmosfera non manca nulla, tra neon dall'aspetto vintage,
ologrammi e degrado urbano Altered Carbon non mancherà di farvi sentire di
nuovo sul filo del rasoio.